Aggiornamenti
Dopo la prima storica sentenza del 2013 (Cass. 15 novembre 2013 n. 25734) e la successiva conferma del 2017 (Cass. 14 dicembre 2017 n. 2017), la Suprema Corte torna a pronunciarsi in senso favorevole alle lavoratrici con la recentissima sentenza del 4 febbraio.
Viene confermata la correttezza della valutazione svolta sia dal giudice capitolino di prime cure sia dalla Corte d'appello di Roma. In entrambi i giudizi era stato infatti esattamente applicato il principio di diritto secondo il quale il giudice apprezza incidentalmente la legittimità di una norma di secondo livello rispetto alla disciplina antidiscriminatoria di origine europea. In questo caso la norma secondaria imponeva quale requisito per l'assunzione una statura minima identica per uomini e donne, contrastando perciò con il divieto di discriminazione per genere (stante i dati statistici che confermano la diversità di statura media tra uomini e donne).
Ne discende che tale requisito, inserito nella procedura di assunzione per la qualifica di Capo servizi treno bandita da Trenitalia, costituisce una discriminazione indiretta in violazione dell'allora art. 4 L. 125/1991 (e ora art. 25 d.lgs. 198/2006), in quanto non oggettivamente giustificato né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità rispetto alle mansioni previste per la qualifica.
Le sedi di Firenze e Roma di Legalilavoro stanno assistendo con ottimi risultati diverse lavoratrici che sono state escluse a causa del solo limite dell'altezza al termine di un lungo percorso selettivo.
(Cass. 4 febbraio 2019 n. 3196)
Parole chiave: Discriminazione , persone e dignità
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