Reintegrazione a seguito di licenziamento ritorsivo

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In pochi giorni due ordini di reintegrazione "piena" ottenuti da Legalilavoro a seguito di licenziamento ritorsivo (per testimonianza in giudizio e per attività sindacale)

Con due recentissimi provvedimenti, resi a distanza di pochi giorni l'uno dall’altro, Legalilavoro ha ottenuto dal Tribunale di Prato e dal Tribunale di Firenze la massima tutela in favore di due lavoratori licenziati dai rispettivi datori di lavoro per motivi asseritamente disciplinari. Licenziamenti che in realtà sono stati ritenuti dai giudici fondati su moventi ritorsivi, finalizzati cioè a punire i due dipendenti: l'uno per aver testimoniato in giudizio a favore di un collega licenziato, l'altro per aver svolto attività sindacale.

Nel primo caso il Tribunale di Prato ha sancito la nullità del licenziamento irrogato ad un autista di mezzi pesanti, motivato in base a soste non consentite e al danneggiamento del mezzo (addebiti poi rivelatisi del tutto insussistenti). Il licenziamento era in realtà scaturito dalla volontà di allontanare il dipendente che aveva reso la propria testimonianza in favore di un collega, anch’egli licenziato qualche anno prima e vittorioso nel giudizio instaurato contro il datore di lavoro. Nella sentenza il Tribunale affronta il tema dell’utilizzabilità a fini disciplinari dei rilievi del cronotachigrafo obbligatoriamente istallato per legge sui mezzi in uso agli autisti e, accogliendo la tesi della difesa del lavoratore, giunge ad escluderla poiché ai lavoratori non era stata data adeguata informativa ai sensi del Codice della privacy circa le ricadute anche disciplinari delle rilevazioni (e, comunque, perché l’istallazione non era stata concordata con le rappresentanze sindacali).

Nel secondo caso il Tribunale di Firenze ha ritenuto nullo il licenziamento motivato per pretesa giusta causa legata all’aggressione fisica che la dipendente avrebbe compiuto nei confronti del legale rappresentante della società. La lavoratrice, che circa un anno prima del recesso aveva “osato” iscriversi al sindacato, era divenuta vittima di una serie di vessazioni, quali l'imposizione del periodo in cui fruire delle ferie, la sottrazione di mansioni e responsabilità, sino giungere alle aggressioni verbali alla presenza dei colleghi. Dette aggressioni, che avevano altresì avuto gravi ripercussioni sulla salute della ricorrente, erano culminate nel licenziamento riconosciuto dal Tribunale nullo in quanto avente quale unico motivo illecito determinante la reazione datoriale all’iscrizione al sindacato della dipendente.

In entrambi i casi i lavoratori hanno perciò ottenuto la condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento integrale il danno subito (corrispondente alle mensilità non percepite dal momento del recessso nullo a quello dell’effettiva ripresa del servizio).

22.11.17
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